Il caro energia due facce della medaglia: da una parte vi sono le imprese e le famiglie che stanno soffrendo per pagare le bollette, da un altro vi è il punto di vista delle società distributrici di energia. Anche queste sono in crisi, in quanto stanno esaurendo la liquidità per acquistare i beni energetici. Approfondiamo la questione insieme.
Dovete sapere che tutte le società di produzione di energia del continente si rivolgono ai mercati finanziari di Amsterdam per "immunizzarsi" dalle oscillazioni di prezzo della materia prima, utilizzando degli strumenti detti derivati, che consentono di effettuare operazioni dette "short" con le quali si guadagna se il prezzo del sottostante del derivato scende.
In altre parole, le compagnie energetiche così come tante altre compagnie di natura produttiva vanno a vendere strumenti finanziari collegati a ciò che producono così da stabilizzare il costo di produzione o il prezzo di vendita. In questo modo, riescono a proteggere i propri margini, perché se il prezzo dell'energia dovesse calare, subendo quindi una riduzione dei ricavi, riescono a guadagnare dalle operazioni short mediante i derivati. Viceversa, se il prezzo sale aumentano i ricavi dovuti all'erogazione del servizio ma si hanno delle perdite dovute alle posizioni short, poiché con queste si guadagna se il prezzo dell'asset sottostante al derivato (in questo caso il gas) scende. Così facendo le società energetiche riescono a stabilizzare i margini guadagnando o dai servizi o dai derivati mantenendo così i margini costanti.
Questo è ciò che stanno facendo oggi le società di produttrici di energia elettrica che puntano al ribasso sul prezzo del GAS per poter andare a stabilizzare i bilanci.
Se il prezzo del GAS scende tanto come nel caso della pandemia, queste perdono da un punto di vista di business (diminuendo i ricavi) ma dall'altro aumentano la liquidità finanziaria.
Se il prezzo del GAS viceversa sale, guadagneranno di più dal loro business ma dall'altro rischiano una crisi di liquidità dovuta alle "margin call", ossia delle vere e proprie richieste di liquidità da parte dei broker che regolano il funzionamento dei derivati, le quali scattano quando la perdita legata al derivato inizia ad essere elevata. Più il prezzo sale più le margin call sono alte e maggiore anche il rischio di crisi di liquidità perché tali società potrebbero non avere disponibilità sufficienti per coprire le margin call dando origine al cosiddetto liquidity squeeze.
Ecco perché oggi le aziende europee si trovano tra due fuochi. Da una parte hanno un prezzo del GAS cresciuto in modo esponenziale che fa scattare le margin call e dall'altro dei ricavi che spesso sono limitati da contratti fatti in passato a prezzi fissi (e più bassi) e che potrebbero non essere sufficienti per coprire le margin call. A ciò si aggiunge la possibilità di un intervento da parte dei policy maker con il "price cap, che ridurrebbe sì le magin call ma anche i ricavi da erogazione del servizio.
Il grafico sottostante riporta l'andamento del prezzo del gas che da qualche tempo sta scendendo e ciò dovrebbe ridurre le perdite dei derivati.
Le compagnie energetiche si trovano a far fronte a questa cirticità dove fino ad ora avevano ricavi crescenti per i maggior costi di erogazione del servizio ma al contempo delle margin call sempre più elevate da coprire, e così alte da poter generare crisi di liquidità e adesso che il prezzo del scende diminuiscono le margin call ma anche i ricavi e non è detto che i margini fatti in precedenza siano sufficienti a garantire una redditività adeguata. Questa situazione si sta riflettendo anche sui titoli delle compagnie che stanno mostrando segni di debolezza in quanto gli investitori più accorti, consapevoli del rischio, stanno iniziando a vendere tali società. Un esempio è proprio ENI, il cui grafico come si vede nella figura seguente, rompe i minimi di bandiera con un chiaro segnale di proseguimento del trend ribassista.
Se vuoi un'analisi dal nostro team di esperti dei mercati finanziari non esitare a contattarci.
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