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I nuovi trend occulti di agosto

Quest'anno agosto, solitamente un mese insignificante per le borse, ci presenta una tale serie di punti di svolta in vari settori e aspetti dell'economia da essere diventato un mese cardine per il prossimo semestre, se non per i prossimi cicli annuali.


Un primo esempio di questo groviglio di possibilità e di trend differenti è l'inflazione. Inflazione a medio e a lungo termine: due entità separate alla nascita Il Bureau of Labor Statistics ha pubblicato ieri il rapporto sui prezzi di luglio, che per una volta sono leggermente diminuiti su base annua, portandosi all'8,5% rispetto al 9,1% di giugno.


Questo risultato è dovuto principalmente alla riduzione dei prezzi del gas, mentre i costi di cibo e affitti hanno continuato ad aumentare.

Come abbiamo detto altre volte, il percorso dell'inflazione non è lineare e può conoscere delle forti variazioni di medio termine che contraddicono l'andamento a lungo termine.


Nel lungo termine infatti bisogna tenere presente fattori completamente opposti, come l'Inflation Reduction Act appena approvato dal senato USA e probabilmente in via di approvazione anche alla Camera.


Questo provvedimento infatti, nonostante si creda il contrario, è stato pensato per sostenere ancora per un certo tempo l'inflazione, invece che ridurla.


La nuova legge infatti prevede di aumentare le tasse sulla produzione di carbone, petrolio e gas naturale, provocando un aumento delle bollette che si ripercuoterà sui prezzi di molti prodotti industriali.


Anche i prezzi dei prodotti alimentari sono destinati a restare elevati, se non ad aumentare ulteriormente, grazie alle pressioni dei governi occidentali (negli USA e in Europa) per spingere le aziende di fertilizzanti a passare ai fertilizzanti organici piuttosto che a quelli chimici (il pretesto ovviamente è che il fertilizzante organico produce meno anidride carbonica).


I fertilizzanti organici non sono così efficienti come quelli chimici; quindi se i governi avranno la meglio sui produttori, l'industria dovrà ammortizzare i costi aumentando i prezzi, mentre la produzione di molti alimenti si ridurrà proprio nel momento di massima penuria globale (penuria aggravata di recente dal nuovo massiccio accumulo di alimenti da parte della Cina).


Quindi, riassumendo: anche se l'inflazione sta rallentando, Stati Uniti e Cina creano le condizioni per mantenere alti i prezzi di alcuni settori, come quello alimentare. Nel lungo termine quindi, l'inflazione su alcuni settori non si ridurrà.


E questo manterrà ancora elevata l'inflazione generale. A questo punto, bisogna chiedersi se è possibile ipotizzare delle tempistiche: quanto potrebbe durare ad esempio l'attuale riduzione temporanea dell'inflazione? E di conseguenza, quanto durerà il ciclo rialzista di medio termine dei mercati ad essa legato?


L'inflazione a nove mesi

Questo grafico potrebbe darci una prima risposta. La curva blu indica l'andamento delle aspettative di inflazione dei consumatori, mentre la curva nera segna l'andamento annuale dei prezzi. Storicamente si è visto che i movimenti della curva blu tendono ad anticipare quelli della curva nera di circa nove mesi. Il massiccio calo delle aspettative di inflazione dei consumatori negli ultimi mesi, dunque, puo' essere un segnale anticipatore di un ulteriore raffreddamento dell'inflazione (freccia nera) entro i prossimi 9 mesi (prima che Cina e USA riescano a farla ripartire). Se questa ipotesi si realizzasse, il temporaneo ridursi dell'inflazione fornirebbe una solida base per un nuovo breakout del mercato rialzista e un enorme balzo in alto dei soliti titoli ad alta crescita (high-tech e altri) appunto per nove mesi. Ci sono pero' altri dati, ad esempio nel mercato obbligazionario, che forniscono una prospettiva piu' sfumata.


I segnali nell'obbligazionario


Il mercato dei titoli di stato ha reagito debolmente alla notizia di ieri sui prezzi, con un ribasso dei tassi di brevissimo termine e la ripresa di un andamento essenzialmente piatto (le due frecce rosse).


Il motivo di questo scarso entusiasmo è che il differenziale di rendimento dei titoli di stato a 10 anni e a 2 anni è sceso ieri a 0,48 punti percentuali negativi, portandosi al livello più basso da marzo 2000 (il picco della bolla delle dot-com).


In altre parole, il mercato obbligazionario sa che l'inflazione non è ancora finita e prevede una reazione negativa delle borse di fronte agli ormai evidenti effetti recessivi di questa inflazione prolungata.


Questo dato ci conferma che a lungo termine l'inflazione e la recessione non sono affatto da escludersi a priori, così come sostiene una minoranza degli economisti pari al 32% circa degli istituzionali.


E a questo punto, il mercato azionario e quello delle criptovalute ci fornirebbero informazioni interessanti su ciò che potrebbe succedere nel mezzo fra i due trend, cioè fra la possibile riduzione temporanea dell'inflazione (della durata di 9 mesi) e la sua successiva ripresa.




La figura mostra (freccia rossa) l'inizio nel 2021 del bear market di medio termine del Nasdaq e poi (freccia verde) l'inizio di ieri del bull market di medio termine. In entrambi i casi si tratta di variazioni del 20% a ribasso e poi a rialzo. Tecnicamente, l'evento segnerebbe la fine ufficiale del bear market per questo indice. La storia dice infatti che i movimenti del 20% rispetto ai minimi e ai massimi recenti dell'indice si sono rivelati i piu' predittivi di un successivo ciclo rialzista o ribassista di medio termine. La storia dice anche che in media, dopo l'iniziale aumento del 20%, questo ciclo a rialzo potrebbe portare l'indice a un aumento totale del 40% (incluso il 20% iniziale) nei successivi 12 mesi. Al contrario, altri dati potrebbero far pensare a un movimento in due tempi: il rialzo attuale - già in via di esaurimento - seguito da un ribasso temporaneo e poi da una ripresa per fine anno. Vediamo di quali dati si tratta: